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#Una tortura chiamata laurearsi.

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Dunque, dopo tre luuuuunghi anni di università (ma chi voglio prendere in giro, sono ancora convinta di avere 18 anni e di essermi immatricolata ieri) sono arrivata al fatidico momento laurea. O meglio, mi sto avvicinando al suddetto fatidico momento. Nel frattempo mi preparo. Studio, leggo, scrivo (o almeno ci provo). Insomma, mi do da fare (o quantomeno mi illudo di farlo) per riuscire a produrre qualcosa che abbia una specie di senso.

Il problema è che questo percorso di preparazione non consiste solo nello scrivere una tesi (e anche se fosse solo quello, probabilmente preferirei togliermi altri cento denti del giudizio, cosa che peraltro ho fatto qualche giorno fa e la cosa mi ha lasciato un buco in bocca chiuso alla meglio con due o tre punti nonhocapitobene che ha continuato a perdere sangue dalle 9.45 di mattina alle 11 di sera, e sì, ho detto alla meglio di proposito, perchè “lì dietro c’è poco spazio anche per mettere dei punti” però guarda un po’ c’entrava un dente fino a dieci minuti fa, che strana la vita). Ad ogni modo, dicevo, per laurearsi non devi solo scrivere una tesi. Devi innanzitutto trovare un releatore e poi affrontare tutta una simpatica serie di cose.

Il relatore. Trovare un relatore è un’ardua impresa. Sei lì che guardi il tuo libretto, valuti i tuoi voti, valuti i corsi che hai seguito, i professori che hai conosciuto e dopo una serie di valutazioni (i.e. voto preso, noia della lezione, interesse verso il corso e verso possibili sue parti che potrei voler approfondire per la tesi) prendi una decisione. Devi chiedere al docente più o meno interessante che hai selezionato di starti dietro e devi pregare che questo docente non abbia altri 150 studenti da seguire e apprezzi la tua proposta e ti accetti. Una volta che hai quello puoi andare avanti.
Ecco, io avevo tecnicamente un relatore da marzo, ma ero a Londra e non ci siamo cagati finchè non sono rientrata in Italia. Ebbene, rientrata vado a ricevimento e lui mi molla a un suo assistente. Per carità, mi va benissimo, ma me lo potevi dire via email piuttosto che farmi venire fino a Forlídimerda prima del tempo.

Domanda online. Dunque, per fare domanda online devi avere un relatore (e quello, se sei arrivata a compilare la domanda, già ce l’hai) e un titolo. Ecco, quello sicuro non ce l’hai. di base la questione é che nel 90% dei casi non avrai la men che minima idea di dove vuoi andare a sbattere la testa con la tesi quindi non sai che titolo dare al tutto e devi praticamente condannarti da sola mettendo un titolo a casaccio perché DEVI mettere un titolo altrimenti non puoi fare domanda. Che sistema idiota! Che poi tecnicamente questo titolo a casaccio lo puoi modificare fino a un giorno X per il quale il relatore deve averti approvato la tesi. Io per esempio contavo su quello; ma il mio prof che fa? Anziché aspettare, mi rifiuta la tesi. E giù giorni interi di comunicazioni tra me, relatore, assistente, ufficio didattico, segreteria, servizi informatici. Beh alla fine m’hanno approvato tutto e olé. Pace fatta.

Dunque una volta fatta domanda di tesi, devi pagare una tassa di tesi. Perché non sperperi abbastanza pecunia tra tasse universitarie, affitto, bollette, libri e libretti eccetera eccetera eccetera. No, devi anche pagare 116 euro per non ho esattamente capito quale scopo.
A questo punto entri nel vivo. Ci sono tutta un’altra serie di cose che devi fare entro una certa altra scadenza. Devi aver pagato tutte le tasse (e grazie a Dio questa è facile, a meno che tu non sia un ritardatario cronico, con le tasse di norma sei in regola), devi aver completato il piano di studi (teoricamente questa pure è facile, basta essere in regola con gli esami, cosa che io teoricamente ero, avendo finito tutto il 23 maggio, ma che praticamente, essendo stata 10 mesi in Erasmus è diventata una delle fatiche di Hercules, tra approvazioni, conversioni, riconoscimenti, consigli e faccende burocratiche varie), devi compilare il questionario AlmaLaurea (e anche su questo avrei il mio bel ridire, UniBO cara! Ora voi dovete spiegarmi il senso di un questionario che mi fa settecentocinquantamila domanda su dove voglio lavorare appena dopo laureata quando ti ho appena detto che sono già iscritta alla magistrale. E mi chiede se voglio lavorare nella mia provincia d’origine o qui vicino. No, ma dico, sfotti? Secondo te studio relazioni internazionali e voglio lavorare a Caserta? Ma mi prendi per il culo, fammi capire?) e devi ottenere l’approvazione del relatore (vedi sopra).

E poi scrivere la tesi è un incubo eh. Leggi diecimila documenti/libri/fogli/siti/articoli/giornali/whatever. E poi devi ragionarci, mettere insieme un pensiero logico, scrivere questo pensiero affinché abbia un senso. E io non so più usare l’italiano. Sto studiando tutta roba in inglese, persino in spagnolo, e devo scrivere in italiano. Oh! È un incubo! Non mi ricordo le parole, le costruzioni, i tempi verbali. Sono lì armata di mille vocabolari a cercare i modi migliori di esprimermi senza fare ripetizioni inutili o errori barbari. Che brutta fine, diamine! Che brutta, bruttissima fine!
Io amo quello che sto studiando eh, don’t get me wrong, ma a volte continuo a domandarmi perché diavolo non ho deciso di raccogliere patate nella vita!