#Sessione invernale.

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Era da un po’ che non blateravo sul blog e ho pensato di tornare a blaterare di nuovo. Un po’ perchè mi mancava, un po’ perchè se sto altri 10 minuti sui libri brucio tutto, me compresa.

Eh sì, perchè bello, mi sono laureata; bello, sono tornata a Londra; bello, sono andata alla scoperta della Valcamonica; bello, ho passato il Capodanno a Budapest…tutto molto bello, certo, ma nel frattempo mi sono trasferita a Forlì (ecco, non propriamente bello, diciamo così) e ho cominciato la magistrale. Cioè, cominciato la magistrale rende figo quello che figo non è: ho semplicemente ultimato le pratiche di iscrizione e mi sono buttata sugli esami da non frequentante. Che-bella-idea! Che-meravigliosa-meraviglia! 

Tutto è cominciato con un simpatico test di grammatica francese. Io, il francese, esame…EH? Ho evitato il francese come se fosse la peste più o meno da sempre, ed eccomi cascare nella tragica situazione in cui non posso più scappare. Il francese si prende la rivincita. Beh, non c’è voto che spinga la mia (futura) media al suicidio, tutto molto tranquillo, but still qualcosa dovevo pur scriverla su quei fogli. Quindi, armata di buona volontà e (poca) pazienza, ho preso i libri di grammatica, il vocabolario e chi più ne ha più ne metta e ho cominciato a studiare la lingua che tanto odio. Ho buttato tutte le nozioni richieste dal caso nel mio cervello e non so effettivamente quante ce ne siano ancora (non che intenda preoccuparmene adesso in ogni caso) e ho affrontato il test che deciderà che fine farò nel secondo semestre. Risultati? A distanza di un mese, non è ancora trapelata nessuna informazione a riguardo. Boh, tutto sommato forse meglio rimanere all’oscuro di tutto.

Passato quello sono entrata nel vivo: gli esami con voto, la temuta sessione invernale, con la quale, per intenderci, non avevo a che fare da più o meno due anni. Sì, a Londra avevo seimila essays da consegnare tra novembre/dicembre/gennaio ma un conto è fare ricerca per i fatti propri e rinchiudersi a scrivere migliaia di parole collegate tra loro da un filo logico più o meno valido, un conto è studiare millemila pagine da millemila libri per affrontare un esame orale, cosa che, per intenderci, non faccio da anche più di due anni. E considerato che ho ancora difficoltà a ricordarmi le parole italiane (sì, sono italiana, lo so che dovrei saperlo parlare l’italiano, ma tra un anno a Londra e i libri per la tesi in inglese e i libri per l’esame in inglese, provateci voi a non avere difficoltà a ragionare in una sola lingua) non è un’esperienza proprio refreshing (appunto).

Insomma, tra una trasferta e l’altra, è iniziata la clausura. L’isolamento. La sensazione (o forse ancora meglio il desiderio incontrollato) di essere un’eremita sull’Himalaya. La voglia di mollare tutto e andare a cogliere patate (o a fare il mozzo su un qualche veliero pirata diretto verso il pianeta del tesoro). Lo scarso (scarsissimo) interesse per il proprio aspetto (sembro uscita di prigione ieri). Il trascinarsi in giro per casa come un fantasma condannato a tenersi le sue faccende irrisolte per l’eternità o come un condannato a morte che si avvia alla ghigliottina (anche se effettivamente questo paragone reggerà di più nel momento in cui mi starò tragicamente trascinando verso l’aula d’esame, che peraltro non so dov’è).

Ecco, in momenti come questi mi fermo a riflettere e mi chiedo “Ma la triennale non bastava?”. Poi mi rispondo da sola che no, la triennale non bastava, perchè la triennale non basta mai. In effetti forse non basta nemmeno la magistrale, figuriamoci non avercela dove ti porta. Lo so, sono ridondante e pesante e noiosa, ma in momenti come questi mi manca Londra, e mi manca l’università a Londra. Perchè mi mancano gli essays. Mi manca chiudermi in casa con settecentocinquanta libri diversi e articoli online e interventi acchiappati su siti a caso. Mi manca fissare il computer e digitare fino allo stremo e rileggere e pensare che fa tutto schifo e ricominciare d’accapo fino a che non guardi quello che hai scritto e pensi che non lo rileggi nemmeno più perchè dopo averlo rifatto settanta volte forse hai pure esaurito le parole con cui esprimere i vari concetti (I mean, there’s just so much a person’s vocabulary can take). Mi manca avere a che fare con professori che non vedono l’ora di sentire cosa hai da dire su quello che hai scritto, di leggere la tua ricerca, la tua idea, il tuo pensiero.

Stare qui a fare la nostalgica comunque non mi porterà, quasi sicuramente, da nessuna parte. Quindi, dopo aver blaterato a sufficienza, torno a blaterare di governance e istituzioni e democrazia e partecipazione e accountability (ecco, abbiamo un problema, non la so mica la parola italiana per questo…) ecc ecc ecc

La sessione invernale fa schifo. Pure quella estiva in effetti.

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